domenica 27 dicembre 2015

Un amore diversamente abile

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Passarono le calde notti d'Agosto a far l'amore a parole. Sempre e rigorosamente solo a parole. Dette, scritte su fogli di carta bianca, a forma di poesie brevi e racconti surreali.
- Scrivi tu. Io non so scrivere senza righe.
Disse lei. E lui scriveva. Ogni tanto gli si avvicinava, lo abbracciava per finta e sadicamente gli dava un colpetto alla penna facendole fare traiettorie di strani ideogrammi.
- Se lo fai di nuovo ti inculo. Disse lui senza togliere lo sguardo dal foglio e senza smettere di scrivere.
- Eh ma come sei volgare!
- Oh scusa! Non volevo turbare la vergine!
- Può essere che non lo sia!
- Per me lo sarai sempre. Anche dopo che avrai partorito dei figli. Sarai vergine tanto quanto puttana.
Abbassava lo sguardo lei e incassava. Sentiva di dover espiare colpe del suo genere, perché un tempo una donna l'aveva tradito a morte. Non una donna qualsiasi. LA donna. Quella, unica, ad aver diritto di vita o di morte su di lui. Raccoglieva le sue offese e stava zitta. Lo sapeva che non erano per lei.
Una notte le chiese:
- Che facciamo?
- Colazione su, in montagna, a guardare la città mentre ancora sta dormendo.
- Ma a quest'ora non ci sono mezzi di trasporto in funzione.
- Ho le mie gambe! Non mi serve altro!
- Lo sai che sono 17 km in salita?
- E allora? Chiese lei beffarda.
E lui gliele fece fare tutti, tenendola per mano. Quattro ore compresa una piccola pausa vicino ad una fonte sul bordo strada. Dalla calda notte di Agosto in città, alla “brezza” della montagna! Dal livello del mare a 700 metri di altitudine. Era la notte di San Lorenzo. Stelle spettacolari danzavano sopra le loro teste. E lui la tenne per mano in modo che lei potesse camminare guardando all'insù. A tratti la trascinava, perché lei voleva sostare nei punti più bui per godersi meglio la pioggia e lui del buio pesto aveva una paura matta. Gli enormi platani secolari gli mettevano agitazione. I passi si facevano più svelti e le mani più strette. Arrivarono prima dell'alba. Si sedettero a guardare la città dall'alto. Un gelido venticello, sommato alla stanchezza e il sonno che rilassandosi si stava palesando la fece tremare fortemente. Lui girò le spalle al vento e aprì le sue braccia a lei. “Vieni.” La avvolse cercando di farle scudo e fu quello il loro primo abbraccio. Restarono così per un po', finché lei non decise che poteva reggere meglio l'imbarazzo del suo sbattere i denti che nel frattempo si era affievolito, piuttosto che il contatto fisico tra loro due. “Quanto manca?” Chiese lei. Lui guardò il suo orologio. “Esattamente 36 minuti! Mi sta scoppiando la testa.” Con la prima corriera del giorno tornarono ognuno a casa sua e nel proprio letto a dormire fino a pomeriggio inoltrato. Lei si svegliò prima e lo chiamò.
- Ti è passato il mal di testa?
- Con due tachipirine e tanto sonno sì.
- Vieni?
- Una doccia e arrivo...
- E che facciamo?
- Facciamo l'amore, sesso, un orgia a due. Quello che vuoi.
- Preparo qualcosa da mangiare. Vieni.

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