giovedì 31 dicembre 2015

Dove?

Dove ti troverà il cambio dell'anno e dove trascorrerai il primo giorno? Ancora, ancora e ancora invidierò la forchetta che potrà avvicinarsi alla tua bocca, il bordo del bicchiere in festa che sfiorerà le tua labbra. Diventerò il vino che berrai e il pane. Così potrai essere in comunione con me e io ti potrò abitare.

lunedì 28 dicembre 2015

Amore e cibo

Spengo tutto e mi preparo per andare a letto. Sono le 3 ormai, anzi quasi le 4 ma mi prende una fame terribile e non posso far ameno che rimembrare le notti inoltrate che correvi a portarci qualcosa per recuperare la cena sfuggita dopo ore e ore passate a creare. Creare momenti, dialoghi, emozioni che segnano l'anima per sempre. “Voglio aver il controllo dei tuoi orgasmi e della tua fame!” dicevi sperando che il controllo dell'uno implicava anche il controllo dell'altro e aspettavi paziente. E aspettavi le 3, le 4 aspettavi sicuro che dopo una notte passata a far l'amore a parole, mi sarebbe venuta fame. Prendevi un taxi e ti recavi sul confine tra “mondo per bene” e “mondo della notte” lì dove era aperta ad orario continuato da circa 50 anni la trattoria “L'alba” Lì dove camionisti prima di partire per viaggi massacranti, prostitute dopo una notte di lavoro, guardie notturne e giovani bisognosi di far passare la sbornia prima di rientrare a casa si fermavano per sentirsi un attimo in paradiso tra brodi caldi e pasti sostanziosi. I contenitori metallici che si chiudevano ermeticamente te li davo io da casa e la signora li riempiva abbondantemente di pietanze indicibili. Il taxi aspettava fuori e 20 minuti dopo eri tornato da me. Tante sere invernali lo stesso menù di pietanze indicibili che adesso fa impressione anche solo nominarle. D'estate invece ci tenevamo leggeri. Frullati di pesche e ghiaccio, decotti di basilico a litri. Qualche volta una pizza divisa in due. E i cioccolatini! Cioccolatini di mandorle tostate, caramellate ricoperte di cioccolato fondente che avevo preparato non ricordo per quale occasione, finiti tutti in una notte. E poi ci è stata quella volta che tornasti dalla casa di tua nonna in campagna e mi bussasti la porta con una pagnotta di semola impastata da te con rigorosa sopra-visione della nonna, pomodori da insalata raccolti da te (ci tenevi a precisarlo) e quattro uova di giornata, (“che hai fatto tu!” ci tenevo pure io prenderti in giro) presi da te ancora caldi. In più una bottiglia verde con un mazzo di fiori bellissimi. E la bottiglia? La bottiglia serviva per tenere i fiori freschi. Quindi hai fatto un ora e mezza di pulman tenendo una bottiglia con dei fiori in mano? “Ma come potevo tenerli freschi diversamente?” Mi chiedesti, bloccato dalla mia sorpresa ancora sulla soglia della porta. Rimasi qualche secondo a contemplarti ed un idea folle mi passò per la testa. Non eri mica innamorato di me? “Che fai? Prendi qualcosa o no? Mi sta cadendo tutto. Tieni i fiori!” Insomma, non avevi lasciato nulla in pace a casa di tua nonna. Ne le galline, ne l'orto, ne i fiori. In ricompensa fecemmo un pasto bucolico con un bel mazzo di rose, dalie e mughetti in mezzo.

domenica 27 dicembre 2015

Un amore diversamente abile

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Passarono le calde notti d'Agosto a far l'amore a parole. Sempre e rigorosamente solo a parole. Dette, scritte su fogli di carta bianca, a forma di poesie brevi e racconti surreali.
- Scrivi tu. Io non so scrivere senza righe.
Disse lei. E lui scriveva. Ogni tanto gli si avvicinava, lo abbracciava per finta e sadicamente gli dava un colpetto alla penna facendole fare traiettorie di strani ideogrammi.
- Se lo fai di nuovo ti inculo. Disse lui senza togliere lo sguardo dal foglio e senza smettere di scrivere.
- Eh ma come sei volgare!
- Oh scusa! Non volevo turbare la vergine!
- Può essere che non lo sia!
- Per me lo sarai sempre. Anche dopo che avrai partorito dei figli. Sarai vergine tanto quanto puttana.
Abbassava lo sguardo lei e incassava. Sentiva di dover espiare colpe del suo genere, perché un tempo una donna l'aveva tradito a morte. Non una donna qualsiasi. LA donna. Quella, unica, ad aver diritto di vita o di morte su di lui. Raccoglieva le sue offese e stava zitta. Lo sapeva che non erano per lei.
Una notte le chiese:
- Che facciamo?
- Colazione su, in montagna, a guardare la città mentre ancora sta dormendo.
- Ma a quest'ora non ci sono mezzi di trasporto in funzione.
- Ho le mie gambe! Non mi serve altro!
- Lo sai che sono 17 km in salita?
- E allora? Chiese lei beffarda.
E lui gliele fece fare tutti, tenendola per mano. Quattro ore compresa una piccola pausa vicino ad una fonte sul bordo strada. Dalla calda notte di Agosto in città, alla “brezza” della montagna! Dal livello del mare a 700 metri di altitudine. Era la notte di San Lorenzo. Stelle spettacolari danzavano sopra le loro teste. E lui la tenne per mano in modo che lei potesse camminare guardando all'insù. A tratti la trascinava, perché lei voleva sostare nei punti più bui per godersi meglio la pioggia e lui del buio pesto aveva una paura matta. Gli enormi platani secolari gli mettevano agitazione. I passi si facevano più svelti e le mani più strette. Arrivarono prima dell'alba. Si sedettero a guardare la città dall'alto. Un gelido venticello, sommato alla stanchezza e il sonno che rilassandosi si stava palesando la fece tremare fortemente. Lui girò le spalle al vento e aprì le sue braccia a lei. “Vieni.” La avvolse cercando di farle scudo e fu quello il loro primo abbraccio. Restarono così per un po', finché lei non decise che poteva reggere meglio l'imbarazzo del suo sbattere i denti che nel frattempo si era affievolito, piuttosto che il contatto fisico tra loro due. “Quanto manca?” Chiese lei. Lui guardò il suo orologio. “Esattamente 36 minuti! Mi sta scoppiando la testa.” Con la prima corriera del giorno tornarono ognuno a casa sua e nel proprio letto a dormire fino a pomeriggio inoltrato. Lei si svegliò prima e lo chiamò.
- Ti è passato il mal di testa?
- Con due tachipirine e tanto sonno sì.
- Vieni?
- Una doccia e arrivo...
- E che facciamo?
- Facciamo l'amore, sesso, un orgia a due. Quello che vuoi.
- Preparo qualcosa da mangiare. Vieni.

Uno a caso

93469Decise che le serviva uno di cui innamorarsi. Uno che non la calcolasse affatto, uno sul quale poteva cucire addosso indisturbata sogni, fantasie, speranze, sofferenza di un amore non corrisposto, poesie scritte su misura. Le serviva disperatamente e lo trovò subito. Per tre lunghi anni lui se la trovava davanti in ogni dove. Uscite con gli amici, feste di compleanno, sul tratto di strada tra liceo e casa, in autobus, perfino dentro casa sua! Le serviva disperatamente uno che desse alla sua sofferenza un altro colore, che la portasse ad un altro livello tirando a ribasso. Le serviva contrapporre profumo d'amore al sentore di morte che regnava a casa sua, ma senza avere troppe complicazioni. Perciò scelse uno che mai l'avrebbe corrisposta, ma che per fortuna resse bene la sua piccola stalker senza mai lamentarsi.
Dopo anni, quando ormai era passato il periodo brutto della malattia e della morte di sua madre, si ricordava ancora l'esatto momento in cui si innamorò di lui, ma le sfuggiva del tutto l'istante del disinnamoramento.

giovedì 24 dicembre 2015

Blogger o Bluffer


Mi giungono voci che per essere una blogger di successo ci si debba mettere la faccia. Oh mon Dieu! Io una faccia non ce l'ho! L'ho persa tanto tempo fa. Ne ho una, quella di ogni giorno, ma non fa... E poi, se devo scrivere cazzo, vagina, pene, fica, trombamico, stronzo, se ho gli orgasmi vaginali o clitoridei (ce li ho pure anali), se devo scrivere che ho l'amante o che lavoro in chaturbate, (non cercatemi non ci lavoro ancora)... cose del genere insomma, che ne so...che mio maritoennesimofidanzatooconvivente mi ha lasciata  come faccio poi a presentarmi dal fruttivendolo che comincierà a regalarmi le banane, per non parlare del pescivendolo che gli si drizzerà il pesce spada ogni volta che mi fermerò davanti al banco a solidarizzare con le cozze. No, no... non fa! Ci posso mettere l'anima, svuotare il sacco da tutte le storie raccolte dentro me, ma la faccia non fa.
Anche perché ce ne vorrebbe una giovane, fresca e pulita e io sono accorto per il momento e per il resto della mia vita, credo. Non ho l'età, non ho l'etàààà... (leggasi intonando la voce di Gigliola Cinquetti) Basta, non ho l'età per metterci la faccia. Non vorrei poi, mai e poi mai che qualcuno mi catalogasse come Milf (che mi sembra non sia l'abbreviazione di Mille feuille), curvy, desperate housewife (che a giorni alterni la faccia ce l'ho, ma non tipo quelle della serie televisiva, faccia proprio da casalinga, intendo, da casalinga vera...) ed altre simili amenità.
Ci ho messo un bel dipinto. E ringrazio l'autore che non so chi sia, ma sembra proprio essere riuscito a dipingere la mia essenza pur non conoscendomi. Ha dipinto esattamente la condizione della mia anima come pure la mia posizione preferita! Che gli giunga tutto il bene del mondo ed un bacio, grazie.
Quindi, accontentatevi delle informazioni base che ho voluto condividere: che sono una delle tante principesse sul pisello e che mi piace essere presa così, come nella posizione del dipinto.

mercoledì 23 dicembre 2015

Ring the bell, princess!

Lui finlandese, 46 anni, una brillante carriera da scienziato con riconoscimenti intercontinentali, sposato, 4 figli adolescenti. Lei 19 anni e mezzo, iscritta al secondo anno d'università, in disperata ricerca di una camera in affitto. Per telefono, la proprietaria le mise subito in chiaro che la casa era attualmente abitata da uomini ma che a breve sarebbero andati via, che erano persone per bene e che tutti lavoravano per il Consiglio Nazionale delle Ricerche. “Se lei signorina, non ha problemi di coabitare per un mesetto con loro, per me potrebbe trasferirsi anche da domani mattina. Venga questo pomeriggio per vedere la stanza e poi ci pensi un attimo.” Ecco, c'era poco da pensarci... Domani mattina le toccava trasferirsi comunque. O sotto i ponti o in quella casa, l'unica disponibile di una lunga lista di annunci.
Così lei si trovò a coabitare per un mesetto con un cubano, professore universitario di 50 anni che parlava spagnolo, francese e un misto di spagnolo e francese che lui chiamava “il mio italiano,” lo scienziato finlandese che comunicava rigorosamente in inglese e un italiano che comunicava rigorosamente in italiano me che era l'unico a capire la lingua mista del cubano. E in mezzo a questa babele lei, con suo buon livello di inglese per la gioia del finlandese che finalmente aveva in casa qualcuno che lo capiva. “Hai l'età della mia primogenita!” disse subito il finlandese. “Mia figlia è più grande di te!” disse il cubano e cominciarono tutti e due a trattarla come una vera principessa. Le riversavano tutte le attenzione paterne che per forza di cose avevano dovuto sospendere alle loro figlie.
Un giorno lei scese nel seminterrato per togliere il bucato dalla lavatrice. Il finlandese la seguì con un paio di jeans e quattro camicie che mise subito in lavatrice appena lei la liberò dal suo bucato. Poi, si avvicinò a lei che stava stendendo e iniziò a passarle i capi bagnati. “Sai, per tutti gli anni del liceo sono stato innamorato di una mia compagna di classe. Non ebbi il coraggio di parlargliene mai. Poi, lei cambiò città per seguire lo stesso mio corso di studi ma presso un altra università. Ogni tanto avevo notizie di lei tramite vecchi compagni di scuola. Ci laureammo lo stesso periodo. Un paio di anni dopo mi trovai nella città dove viveva per un convegno. Cercai sull'elenco telefonico il suo nome e trovai il suo indirizzo. Ero arrivato in città con un giorno di anticipo. Avremo potuto trascorrere insieme il pomeriggio o la sera. Verso le 5 andai sotto casa sua. Restai un ora davanti al campanello. Forse sarebbe stato meglio se avesi chiamato, forse sarà sposata e la metto in imbarazzo, pensai. Volevo suonare, volevo vederla. Per un paio di volte stavo quasi per suonare ma poi desistevo. L'oggetto dei nostri studi era lo stesso magari avremo parlato di quello. Forse non era nemmeno in casa. Che senso aveva suonarle il campanello. Ma poi, forse non era proprio il caso. Decisi che avrei lasciato al destino il nostro incontro. Sapevo che al convegno era stata invitata pure lei. Se fosse stato destino l'avrei rivista lì, il giorno dopo. Ma lei, il giorno dopo non si presentò. Da lì a poco conobbi mia moglie e formammo la nostra famiglia. Con lei ci rivedemmo dopo 10 anni al funerale di un compagno di classe dai tempi del liceo. Dopo il funerale andammo a prenderci un caffè. Ci raccontammo le nostre vite, le nostre carriere che per gran parte conoscevamo perché anche se a distanza non avevamo mai smesso l'uno di seguire le traccie dell'altra e viceversa. Le chiesi come mai non fosse venuta allora in quel convegno. Divenne rossa e abbassò lo sguardo. Poi sorridendo ammise che quel convegno su argomenti comuni a tutti e due le aveva fatto battere forte il cuore. I giorni prima del convegno aveva visto il mio nome sulla lista degli invitati. Avrebbe voluto contattarmi per e-mail e chiedermi se mi andava di vederci, passare insieme i due giorni. Forse perché non conosceva nessun altro, forse perché voleva rivedermi. Ma alla fine non lo fece. Le confessai che pure io avevo trovato il suo indirizzo e sono stato indeciso, sotto casa sua, per un ora, senza infine trovare il coraggio di suonare il campanello. “Eri a casa?” le chiesi. “Verso le cinque avevo tirato giù mezzo armadio e stavo decidendo cosa mettermi caso mai ti avrei rivisto... Mi odiai per non averti mai inviato la mail, non essermi mai sbilanciata con te. Mi piacevi... Poi mi è venuto mal umore e ho deciso di non andarci al convegno. Non era nemmeno importante, se non per il solo fatto che speravo d'incontrarti, ma senza averti contattato per chiederti se venivi sentivo di aver perso il treno...” Ci siamo goduti il caffè e non ci siamo più rivisti da allora ma credo che ancora ci seguiamo a distanza. Almeno io leggo sempre le sue pubblicazioni, sono sempre a conoscenza dei suoi lavori, dei suoi spostamenti. Mia moglie è una bella persona, abbiamo fatto quattro figli... ho vissuto bene. Però principessa, ricordati: il campanello va suonato! Tu sei ancora piccola, quindi, se ti capita, suona il campanello, mi raccomando!”
Finì il suo racconto porgendole l'ultimo capo da stendere. Dopo qualche giorno partì per Berlino e poi da lì a seguire in altre mete dove lo portarono le sue ricerche scientifiche. Alla principessa arrivò una cartolina dalla città tedesca “Guten tag from Berlin!”

Come i calzini in lavatrice

Si entra appaiati e si esce scoppiati o se meglio volete spaiati. E tutti credono che sia un fenomeno paranormale che si manifesta soltanto nella propria lavatrice! Ci ricamano sopra batutte banalmente esileranti e si sentono testimoni di chissà quale magia. Un paio di calzini blu entrano nella stessa lavatrice con un paio di calzini neri ed escono non due coppie di calzini scambisti ma bensì una coppia formata da un calzino nero e uno blu!
Ebbene, succede anche nella vità... Finché i calzini sono costretti a stare indossati sullo stesso paio di piedi, la libertà d'interpetazione della propria esistenza è pressa poco zero. Ma quando entrano nell'oblò dell'Universo, allora sì che cambia la musica! La maggior parte dei calzini segue le leggi della fisica classica. I poli uguali si respingono e i poli opposti si attraggono. Nessuno dovrebbe sorprendere il fatto che escano spaiati. A quanto pare, il fatto che gli opposti si attraggono siamo riusciti ad insegnarlo pure a loro!
Ci sono calzini però che una volta lasciati nel vortice del libero arbitrio si comportano secondo la legge dell' Attrazione! Meraviglia e stupore per i calzini che dalla lavatrice escono con il loro simile...
Io intanto continuo a girare dentro l'oblò.

martedì 22 dicembre 2015

Torta "baciami ancora"

Torta alle nocciole e cioccolato, senza glutine.
Onde evitar pruriti alle principesse con intolleranza al grano o al glutine è stata tolta la farina. Torta quindi adatta anche a chi soffre di celiachia. Per gli ingredienti potrebbe essere una torta al bacio ma poiché ogni suo singolo pezzo grida "mangiami ancora" chiamiamola pure "torta  baciami ancora."
Ingredienti:
3 albumi
un pizzico di sale
3 tuorli
150gr zucchero zucchero
una tazzina di latte
100gr di burro
45gr di cioccolato fondente
30gr di cacao amaro
mezzo cucchiaino di lievito in polvere
60gr nocciole tostate
30gr corn flakes

Forno prescaldato a 180°C per 30 minuti e 20 a forno spento
Montate a neve gli albumi con un pizzico di sale e mettete in frigo. Con le fruste elettriche amagamate bene i tuorli con lo zucchero fino a formare una cremina. Aggiungete il burro e il cioccolato fusi a bagnomaria e poi il cacao amaro e il mezzo cucchiaino di lievito in polvere setacciati. Aggiungete le nocciole e i corn flakes polverizzati e alla fine unite il composto con gli albumi montati a neve, mescolando delicatamente con un leccapentole o un mestolo di legno. Versate in una teglia da torta precedentemente imburrata e spolverizzata con corn flakes (ingredienti rubati da quelli usati per la preparazione) e cuocete  a 180°C in forno prescaldato per 25-30 minuti circa senza aprire il forno durante la cottura. Poi spegnete e lasciatela altri 15-20 minuti dentro.

Buona riuscita!

"Tutto tratto dalla vita"

"Ma va!" Rispondevo a mia nonna ogni volta che commentava così la sceneggiatura di qualche film, specialmente se la trama era piena di intrighi amorosi, amori impossibili, storie appassionanti. "Libri e film vagano sui luoghi  irraggiungibili della fantasia. Sono i sogni più belli e nascosti che ognuno usa per nutrire la vita di leggerezza. Guarda come si amano i personaggi! E poi tutte le coincidenze che guarda caso rivestono tutto di magia. Ti pare possibile?" "Tutto tratto dalla vita" rispondeva lei. "Caso mai è la vita che vorrebbe fosse tratta da film del genere!" "Tutto tratto dalla vita" insisteva. Sarà così? Non lo so...

So soltanto che arriva nella vita un momento che desideri disperatamente che tuo marito porti i figli e se stesso alla fiera annuale dell'Illinois per presentare  il famoso manzo di  Carolin. E che stiano lì fino a Venerdì. Quattro giorni. Solo quattro giorni. Il tanto che basta per scoprire che l'amore non oddedisce alle nostre aspettative. 'E mistero, puro e semplice.
E ti struggi perché non hai una figlia di nome Carolin che abbia un vitello in concorso all'annuale fiera dell'Illinois...

Buona visione.

https://www.youtube.com/watch?v=CX9c3fWJWHw&noredirect=1

lunedì 21 dicembre 2015

La vera storia della principessa sul pisello


C'era una volta un principe che viveva in un regno prospero. Raggiunta la giusta età, sua madre la regina decise che era il momento di cercargli una sposa. Il principe non voleva sposare una ragazza qualsiasi, ma solo colei la quale si fosse dimostrata una "vera principessa". Quindi viaggiò per il mondo e cercò in tutti i regni, ma non trovò la principessa che lo soddisfacesse.
Dall'altra parte dello stesso prospero regno cresceva tra le coccole di mamma e papà l'unica figlia di un bottegaio. "Dov'è la mia principessa?" gridava l'uomo sulla soglia della porta di casa quando ogni sera rincasava stanco di una giornata di lavoro. "Eh, sì! Cerchiamo di crescerla come una vera principessa!" rispondeva gongolante la mamma a chi le elargiva qualche complimento per la sua figliola.
Una notte di tempesta, una ragazza bussò alla porta del castello, dicendo di essere una vera principessa. Sebbene nessuno le credesse, fu invitata a rimanere per la notte. La regina decise di metterla alla prova e, prima che le fosse assegnata la stanza, fece preparare il letto mettendo un pisello sotto una serie di 20 materassi, 20 guanciali e 20 cuscini, al di sopra del quale fu preparato il giaciglio per la notte.
La mattina dopo, al risveglio, la regina chiese alla ragazza come avesse dormito: la figlia del bottegaio che soffriva di una malattia chiamata orticaria idiopatica e rendeva la sua pelle suscettibile ad ogni minima pressione,  rispose che non era riuscita a chiudere occhio perché c'era qualcosa di duro nel letto che le aveva dato molto fastidio. La regina, felicissima di questa risposta, dichiarò che solo una vera principessa poteva avere la pelle tanto delicata da percepire la presenza di un pisello sotto 20 strati, ed ordinò di far celebrare immediatamente il matrimonio.
Così, in men che non si dica, la figlia del bottegaio che mai avrebbe pensato di cercarsi  il "principe azzuro," consigliato ad ogni ragazza della sua età, si trovò sposata con un "vero principe" rinchiusa per sempre in un bel castello. E mentre all'inizio tutto ciò le sembrò la cosa più bella del mondo, il tempo impietoso non tardò a dimostrarle il grande inganno.
La sua storia fece il giro del mondo e tutti la evocavano, quando erroneamente volevano apostrofare una donna come altezzosa e snob. Caratteristiche ben lontane dalla nostra povera ormai principessa che rimase per tutto il resto della sua vita rinchiusa dentro le mura del castello a chiedersi se fosse l'unica donna nel mondo rimasta fregata da un pisello.

La ballata delle sensazioni e delle allucinazioni

Come nei film del vecchio cinematografo, come nelle fiabe di Shahrazad nascondo la verità e lascio che dal mio petto escano storie di chi ha amato. Storie di momenti mistici, lampi magici, storie di abbracci erotici e di notti luminose.
Ti abbraccio nel buio e ti avvolgo in una carezza. Sono nuda, forte e splendente come una divinità. Puoi amarmi, puoi illuminare un mio momento. Il mio corpo non è altro che un pretesto.
Un pretesto per momenti mistici, per lampi magici, per abbracci erotici e notti luminose.

Parole in prestito, cantate in una delle lingue del mondo...